La riscoperta della città:
ROMA TRA DISTRUZIONE E RINASCITA
Ma il primo bombardamento, ad opera di 662 bombardieri statunitensi, sconvolse la città il 19 luglio del 1943. Il quartiere maggiormente colpito fu quello di San Lorenzo, ma furono danneggiate anche zone dei quartieri Tiburtino, Prenestino, Casilino, Labicano, Tuscolano e Nomentano: le 4.000 bombe, sganciate sulla città, provocarono circa 3.000 morti e 11.000 feriti.
Tra il 24 e il 25 luglio, il Gran Consiglio del fascismo mise in minoranza Mussolini, il quale venne costretto a ripristinare tutte le funzioni statali e a restituire le funzioni di comandante supremo delle forze armate al re Vittorio Emanuele III. Il giorno dopo, Mussolini venne deposto ed arrestato per ordine del re e il governo passò nelle mani del Generale Badoglio. Il Partito nazionale fascista fu sciolto, i grandi gerarchi furono arrestati e i detenuti politici antifascisti, in carcere o al confino, vennero liberati[9]. Il 14 agosto 1943, dopo il secondo bombardamento di Roma, il Governo Badoglio dichiarò Roma "città aperta": ciò conferì protezione alla città contro i bombardamenti nemici. L'espressione "città aperta", infatti, si riferisce a una città ceduta alle forze nemiche senza combattimenti, con lo scopo di evitarne la distruzione. In genere, tale status viene attribuito tenendo conto del particolare interesse storico o culturale della città e in virtù del consistente numero di civili presenti nella popolazione. Ma lo stato di "Roma città aperta" fu immediatamente violato dai nazisti, quando occuparono la città nel settembre 1943. Di conseguenza, Roma venne bombardata dagli Alleati altre 50 volte, l'ultima il 3 giugno 1944, il giorno prima della sua liberazione[10].
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Una testimonianza sulla povertà della Roma del secondo dopoguerra proviene dalle parole di Marisa Cianciari Rodano, la quale fu esponente del PCI, deputata, senatrice e parlamentare europea. Partecipò alla Resistenza nelle file del Movimento dei Cattolici Comunisti, nel '44 fu tra le fondatrici dell'Unione Donne Italiane e, dal 1963 al 1968, fu vice presidente della Camera dei deputati.
Nelle case non arrivava l'acqua dell'acquedotto [...]; non c'era il gas, perché i nazisti in ritirata avevano fatto saltare il gasometro; non c'erano mezzi di trasporto pubblici, perché l'esercito tedesco aveva portato via tutti gli autobus [...]. A Roma per spostarsi c'erano solo camionette private, fatiscenti, nella quali si viaggiava in piedi. La luce veniva erogata a giorni alterni. In grandi quartieri (quali Prenestino, Tiburtino, Appio Latino,) numerosi fabbricati (case popolari o case dell'INCIS) colpiti dai bombardamenti erano in parte crollati. Molte persone erano rimaste senza casa e stavano stipate negli edifici scolastici. Inoltre erano confluite a Roma, dalle zone di Anzio, di Cassino e dei Castelli Romani, colpite dalla guerra, migliaia di famiglie, che, a causa della legge fascista contro l'urbanesimo (Legge 6 luglio 1939, n. 1092) ancora vigente, non potevano essere iscritte all'anagrafe e di conseguenza neppure avere un lavoro regolare; e quindi facevano parte dell'esercito dei lavoratori in nero, ovviamente sottopagati. Si erano accampate sotto gli archi degli acquedotti romani o in borghetti di baracche di lamiera. I bambini passavano la maggior parte del loro tempo per strada. A Roma e nel Lazio centinaia e centinaia di bambini, tra il 1946 e il 1952, erano rimasti uccisi, feriti o mutilati dalla deflagrazione di granate, mine anticarro e altri ordigni residuati di guerra[11].
È proprio con il cinema neorealista che si scopre la possibilità di reinventare le funzioni di quegli spazi, all'interno della città, distrutti dalla guerra. Le periferie, i quartieri proletari, i nuovi complessi dell'edilizia popolare, i mercati rionali, la vita dei vicoli, diventano i nuovi scenari entro cui far muovere nuovi protagonisti sociali.
Difatti, i primi film italiani del dopoguerra, a partire da Roma città aperta, rappresentano i loro protagonisti all'interno di una città che ha perso il centro urbanistico e ideale, generalmente rappresentato dalla piazza, luogo urbano per eccellenza. Non a caso la maggior parte dell'azione di Roma città aperta si svolge a Trastevere, ovvero nella Roma popolare.
Invece, la Roma di Ladri di biciclette risulta quasi divisa in due parti: da un lato troviamo Val Melaina, una borgata emarginata e povera, lontana dal centro della città; dall'altro lato viene presentato il centro di Roma, sede della vita economica, legale o illegale, in cui viene sottolineata l'emarginazione e l'isolamento dei sottoproletari delle borgate, presi di mira dagli abitanti del centro a causa della concorrenza per la ricerca di un lavoro. Dai resti di uno spazio distrutto, materialmente e moralmente, il cinema neorealista cerca di reinserire le figure al suo interno e di immaginare nuovi rapporti tra gli individui e lo spazio in cui agiscono[12].