ROBERTO ROSSELLINI

Roberto Rossellini, figlio di una ricca famiglia borghese, lascia gli studi classici per accostarsi alla meccanica, per poi accostarsi al cinema, spinto dalla curiosità.
I suoi primi lavori sono una serie di cortometraggi sulla natura e l'ambiente. Ricordiamo: Daphne (1936), Prélude à l'aprés-midi d'un faune (1938), Fantasia sottomarina (1939), Il tacchino prepotente (1939), La vispa Teresa (1939), Il ruscello di ripasottile (1941). Nel 1941 realizza il suo primo film, La nave bianca, che insieme a Un pilota ritorna (1942) e a L'uomo della croce (1943), costituisce la cosiddetta "Trilogia della guerra". A riguardo si è parlato di film di propaganda fascista, basti pensare che Un pilota ritorna nasce da un soggetto di Vittorio Mussolini, ma è bene considerare che l'intento almeno iniziale del regista non era quello di fare propaganda al regime. L'attenzione è rivolta all'uomo, alla guerra, che hanno sempre un posto di primo piano nella sua produzione. Ma al centro del film Paisà (1946), strutturato in sei episodi, la guerra non è presente come realtà storica, ma piuttosto come sfondo, come pretesto per mostrare uomini soli. Rossellini sceglie per i suoi film interpreti presi dalla strada, gente qualunque. Questo avviene non solo per motivi economici, ma per il preciso intento di vedere nel volto di un personaggio quello di tutti gli uomini.
Al centro dei suoi film dunque c'è sempre l'uomo, anche se esso si trova immerso nella fitta ragnatela della società borghese, come in Europa 51, o in una trama mistica, quale Stromboli, terra di Dio. Nei film di Rossellini si muovono individui ben precisi, caratterizzati sempre dalla solitudine come elemento ricorrente. Anche se la speranza sembra non esserci, c'è comunque la possibilità di un riscatto, di una redenzione, nella comprensione degli individui. Nel 1953, Roberto dirige per il teatro San Carlo di Napoli l'Otello di Verdi e la Giovanna d'Arco al rogo di Claudel e Honegger, sotto forma di opera lirica. Invece, tra i film televisivi, realizzati nel decennio 1964-74, il più fortunato sarà considerato La presa di potere di Luigi XIV. Il mezzo televisivo è stato per Rossellini molto stimolante, poiché gli ha dato la possibilità di spezzare ilracconto narrativo in episodi essenziali, mentre tale tecnica non era possibile nel cinema caratterizzato dalle due ore canoniche di spettacolo. L'assenza di raccordi narrativi è il punto estremo a cui egli voleva giungere, la pura essenzialità visiva, dove le immagini si mostrano da sole, senza più bisogno dell'intervento del narratore-regista. Ciò che interessa non è la mera rappresentazione della storia, la sua celebrazione, bensì l'uomo che - con i suoi dubbi, i suoi travagli spirituali e razionali- si trova al centro della storia.





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