IL NEOREALISMO
Intorno agli anni '30 del Novecento prende vita una nuova tendenza legata al realismo che, in seguito, negli anni della Seconda guerra mondiale, evolverà nel Neorealismo. Questa tendenza cinematografica creò un diverso approccio delle arti visive sulla realtà ed ebbe enorme influenza sul cinema di altri paesi. Il Neorealismo nasce come movimento cinematografico e culturale italiano, non costruito e caratterizzato dal puro impegno politico[3].
Con la caduta di Mussolini, l'industria cinematografica italiana perse il suo centro organizzativo. Come in Germania, anche in Italia le forze militari alleate cooperarono con le società americane per cercare di assicurare agli Stati Uniti il dominio del mercato e molte case di produzione dovettero ridimensionarsi. Mentre le realtà civili lottavano faticosamente per sopravvivere nel dopoguerra, il cinema neorealista si impose come forza diretta di rinnovamento culturale e sociale. I registi scendono per le strade dimostrando come l'Italia possa essere un perfetto set naturale e che il popolo italiano può diventare il soggetto protagonista di innumerevoli storie. Dopo la Liberazione, nella primavera del 1945, la gente di ogni classe sociale divenne ansiosa di rompere con il passato. I partiti formarono un governo di coalizione, mirando a fondare la rinascita sulla base di idee liberali, democratiche, cristiane e socialiste, e i registi furono pronti a farsi testimoni di quella che fu chiamata la "primavera italiana". Il "nuovo realismo" vagheggiato durante la guerra era arrivato.
Il termine indica un nuovo modo di vedere la realtà e contesta il cinema tradizionale, diventato uno strumento di consumo ormai non più in grado di proiettare sullo schermo il contesto sociale prebellico. Nel 1945, Mario Chiari in un articolo apparso sulla rivista «Film d'oggi» invita i produttori a non dare peso al denaro, di non vedere più il cinema come un'industria poiché contano le idee; in altre parole, prima del profitto occorre guardare alla verità dell'arte. Infatti, il Neorealismo è un cinema di contestazione e Rossellini parla proprio della necessità di utilizzare il cinema come uno strumento utile, di formazione. L'obiettivo era quello di creare un'Italia unita e popolare, riunificarla contro l'orrore e la devastazione della guerra appena conclusa[4]. Secondo Pier Paolo Pasolini:
Con la caduta di Mussolini, l'industria cinematografica italiana perse il suo centro organizzativo. Come in Germania, anche in Italia le forze militari alleate cooperarono con le società americane per cercare di assicurare agli Stati Uniti il dominio del mercato e molte case di produzione dovettero ridimensionarsi. Mentre le realtà civili lottavano faticosamente per sopravvivere nel dopoguerra, il cinema neorealista si impose come forza diretta di rinnovamento culturale e sociale. I registi scendono per le strade dimostrando come l'Italia possa essere un perfetto set naturale e che il popolo italiano può diventare il soggetto protagonista di innumerevoli storie. Dopo la Liberazione, nella primavera del 1945, la gente di ogni classe sociale divenne ansiosa di rompere con il passato. I partiti formarono un governo di coalizione, mirando a fondare la rinascita sulla base di idee liberali, democratiche, cristiane e socialiste, e i registi furono pronti a farsi testimoni di quella che fu chiamata la "primavera italiana". Il "nuovo realismo" vagheggiato durante la guerra era arrivato.
Il termine indica un nuovo modo di vedere la realtà e contesta il cinema tradizionale, diventato uno strumento di consumo ormai non più in grado di proiettare sullo schermo il contesto sociale prebellico. Nel 1945, Mario Chiari in un articolo apparso sulla rivista «Film d'oggi» invita i produttori a non dare peso al denaro, di non vedere più il cinema come un'industria poiché contano le idee; in altre parole, prima del profitto occorre guardare alla verità dell'arte. Infatti, il Neorealismo è un cinema di contestazione e Rossellini parla proprio della necessità di utilizzare il cinema come uno strumento utile, di formazione. L'obiettivo era quello di creare un'Italia unita e popolare, riunificarla contro l'orrore e la devastazione della guerra appena conclusa[4]. Secondo Pier Paolo Pasolini:
Il Neorealismo ha rappresentato il primo atto di coscienza critica dal punto di vista politico e ideologico che l'Italia ha avuto di se stessa. Nel senso che l'Italia fino a quel punto aveva avuto una storia che non era stata una storia unitaria, ma la storia di un insieme di popoli, di piccole nazioni. Inoltre gli ultimi vent'anni furono segnati dal fascismo, quindi da un'unità aberrante, soltanto con la Resistenza è cominciata la storia italiana. In primo momento il Neorealismo è stato la riscoperta dell'Italia senza veli retorici, senza falsità con il piacere di scoprirsi e di denunciare i propri difetti[5].
C'era bisogno di raccontare le vicende della guerra attraverso un rapporto più diretto della realtà, esprimendo la storia vissuta attraverso un nuovo linguaggio cinematografico. Infatti per Pasolini il linguaggio cinematografico deve rappresentare la realtà:
In realtà noi il cinema lo facciamo vivendo, cioè esistendo praticamente, cioè agendo. L'intera vita, nel complesso delle sue azioni, è un cinema naturale e vivente[6].
Il Neorealismo rappresenta la realtà più violenta attraverso la voce del popolo, che per la prima volta diventa il vero protagonista; gli eroi tradizionali, spesso irreali, vengono sostituiti da operai, contadini, popolani, personaggi semplici: le persone comuni vengono addirittura preferite agli attori professionisti. Nei film neorealisti ogni classe sociale, in quanto vittima della stessa violenza oppressiva, viene rappresentata. I nuovi registi guardano il mondo attraverso la lente dell'uomo comune e ne documentano le trasformazioni, individuali e collettive, per registrare la nascita di un uomo nuovo, non più quello voluto dal fascismo, ma un uomo incerto del futuro, alla ricerca di nuove forme di comunicazione. Per tale motivo diventa necessario riappropriarsi dei poteri dello sguardo, per poter riportare in luce dimensioni fino a quel momento negate o considerate tabù dal fascismo. Il cinema italiano di questo periodo scopre una potente e profonda "fame di realtà", che prima di allora non era esistita. Gli stessi strumenti cinematografici sono estremamente limitati (la pellicola negativa si trovava in vendita solamente in borsa nera) ed il teatro di posa, che faceva da palcoscenico ai film, viene sostituito dalle vie e dalle strade segnate dalla guerra e dalle bombe: Cinecittà era ridotta a una comunità di sfollati.
Il termine "Neorealismo" viene utilizzato per la prima volta dal montatore cinematografico Mario Serandrei, nella rivista «Cinema», per descrivere il film "Ossessione" di Luchino Visconti del 1942.
Non bisogna comunque dimenticare che per molti, e per primo proprio per lo stesso Visconti il termine Neorealismo rappresentava un limite:
Il termine "Neorealismo" viene utilizzato per la prima volta dal montatore cinematografico Mario Serandrei, nella rivista «Cinema», per descrivere il film "Ossessione" di Luchino Visconti del 1942.
Non bisogna comunque dimenticare che per molti, e per primo proprio per lo stesso Visconti il termine Neorealismo rappresentava un limite:
Mi perdonino coloro che hanno simpatia per questa terminologia imprecisa: che cosa vuol dire "Neorealismo"? Nel cinema questo termine è servito a definire le idee che ispirano la recente "Scuola italiana". Ha raccolto uomini, artisti che credevano che la poesia nascesse dalla realtà. Era un punto di partenza. Mi sembra che cominci a diventare una assurda etichetta che ci si è attaccata come un tatuaggio e che invece di designare un metodo, un momento, diventa una limitazione totale, una regola[7].Sicuramente il suo primo film "Ossessione" rappresenta la scelta coraggiosa di concretizzare le idee dei primi profeti neorealisti. Nel film una donna, insoddisfatta del proprio matrimonio, induce un giovane vagabondo, Gino, di cui diventa l'amante, a uccidere suo marito simulando un incidente stradale. Il destino li divide per poi farli rincontrare in seguito: alla fine del film i due cercano di fuggire insieme, ma un incidente automobilistico provocherà la morte della donna, che aveva scoperto di aspettare un bambino, e l'arresto di Gino.
Visconti parte da premesse populistiche, dall'esigenza di raccontare storie di uomini veri, ma rispetto ai registi neorealisti, oppone il suo grande bagaglio culturale, proveniente dal teatro, che costituirà il distacco da quelli. Infine, egli si propone come l'artefice del cinema antropomorfico e non neorealista.
Il vero film-manifesto del Neorealismo è Roma città aperta di Roberto Rossellini, del 1945. La pellicola viene concepita quando Roma era ancora occupata dai tedeschi, e di tale situazione Rossellini ci fornisce una visione e una rappresentazione in diretta delle cose vera, nuova, sconcertante.
Il film mostra lo spirito di resistenza del popolo romano, che si presenta come lo specchio di un'Italia tragica e povera, ma, nello stesso tempo, carica di speranze.
La lotta antifascista acquista innanzitutto un valore morale, più che politico. I protagonisti di Roma città aperta, ispirati a personaggi veri, ricoprono ruoli diversi nella società, eppure collaborano tra loro. Essi, infatti, sono la rappresentazione inconsapevole dei partiti della politica italiana che si è erano uniti nel CLN contro l'invasore.
C'è nel film ansia di "vero", la fame di realtà, la ricerca di un modo nuovo di narrare il reale, cioè i disastri, le sofferenze, i problemi mai risolti del paese, ora visti con una diversa coscienza politica e ideale, con una volontà radicale di cambiamento.
Da tale intuizione nacquero i personaggi di Pina, la popolana trucidata dai tedeschi, Don Pietro, il parroco che paga con la vita la collaborazione con i partigiani e Manfredi, l'ingegnere comunista che verrà torturato e ucciso per mano della Gestapo. Nonostante la distruzione del presente negli occhi dei personaggi brilla una luce di speranza. I personaggi trasmettono il senso della pluralità degli ideali, delle aspettative, dei bisogni, delle paure. Il film si pone il compito di rappresentare l'aspirazione di un'intera nazione unita, pronta e capace di ripartire verso un nuovo e diverso futuro[8].